Dodici esseri fantastici.
Incontro a tu per tu con Alessandro Ubertazzi, Gianni Bolis e Stefano Alinari.
Qualche tempo fa, Stefano Alinari mi aveva chiesto qualche riferimento originale per una sua collezione di nuovi gioielli da mostrare al pubblico in una serie di esposizioni che si sarebbero realizzate in Italia e all’estero. In verità, questi avrebbero dovuto servire per sottolineare la sua incredibile capacità di essere audacemente moderno restando al tempo stesso ancorato alla più fulgida tradizione orafa toscana). Ho subito pensato alle figure mitologiche che mi avevano fatto riflettere e fantasticare sin dai tempi della scuola e delle avide letture originate dalle prime curiosità sul nostro passato.
Solo qualche giorno più tardi, però, mentre mi accingevo a scegliere ed elencare gli essere fantastici più suggestivi e adatti ad ispirarlo, al posto di un’arida iconografia déjà vue mi è venuto in mente di raccontare dodici storie, non meno intriganti, di esseri che io stesso… avevo incontrato e conosciuto, nei modi, appunto, in cui li avevo osservati da vicino.
E’ così che ho voluto raccontare dodici incontri speciali che, fra le righe, alludessero anche a stati d’animo originali e complessi e contenessero ciascuno indicazioni materiche e cromatiche quali sarebbero occorse a scatenare la già spigliata immaginazione di Alinari. Essi sarebbero serviti anche per sostenere la sua propensione a ibridare materiali preziosi o rari con altri tecnologici e perfino provocatori quanto lo è la scienza (che ne propone continuamente, giorno dopo giorno): fra questi ricorrono, ad esempio, le ardite ceramiche tecnologiche di ossido di zirconio, non meno radiose e stupefacenti degli smeraldi, delle opali o delle acque marine.
Terminati i racconti e avendoli più volte riletti (con l’intenzione di prendere distanza da essi quasi che li avesse scritti qualcun’altro), le vicende un po’ più forti delle altre e perfino inquietanti che avevo riferite, mi ricordavano insistentemente certe immagini disegnate dall’amico Gianni Bolis con l’inchiostro di china: in realtà, Gianni è un artista insolito, incuriosito dal mistero della morte, dagli aspetti luciferini nascosti nella realtà banale, dai miti atavici che sottendono sabba notturni quali Franciso Goya y Lucientes aveva rappresentato sul finire allucinato della sua parabola artistica.
Ho inviato anche a Gianni i miei dodici racconti perché ero sicuro che, in termini davvero diversi da come li avrebbe letti l’orafo artista, egli avrebbe saputo trarne visioni straordinariamente robuste come occorrono oggi, nel momento della storia così sciapo e conformista quale stiamo vivendo.
Da tutte le circostanze che ho appena riferite, è nata l’idea di documentare i lavori intrapresi attorno ai dodici personaggi ipotizzati con una sintetica opera editoriale strutturata in cinque fascicoli.
Il primo di questi dovrebbe raccontare gli essere mitici di cui parlo come, in realtà, ven-
gono tramandati dal mito non senza una succinta iconografia che rinverdisca l’ampio repertorio di immagini che i lettori stessi sicuramente già custodiscono nella loro memoria.
Il secondo dovrebbe accogliere i racconti che ho scritto per indurre l’amico Stefano ad andare ancora più avanti nelle sue ricerche estetiche.
Il terzo volume riporterebbe le immagini dei gioielli-capolavoro di Alinari e gli stessi schizzi che ha tracciato per realizzarli.
Il quarto volume sarebbe dedicato ai dodici disegni in bianco e nero che Giovanni Bolis ha creato coniugando la sua robusta visione di persone e cose con le mie… provocazioni.
L’ultimo fascicolo dovrebbe riguardare, infine, la realtà aziendale della Kéramo di Tavernerio che opera nella esclusiva cerchia tecnologica particolarmente raffinata delle “ceramiche estreme” quali si ottengono dai carburi di silicio, dalle steatiti e dagli ossidi di zirconio altamente sinterizzati. Occorre infatti ricordare e documentare che alcuni di questi materiali sofisticati prodotti da questa azienda sono usati creativamente da Alinari.
Con questa occasione desidero riferire che proprio la Kéramo svolge ricerca sulle applicazioni all’arte dei materiali ipertecnologici che lavora e produce.
prof. arch. Alessandro Ubertazzi
Firenze, 12 aprile 2013
Solo qualche giorno più tardi, però, mentre mi accingevo a scegliere ed elencare gli essere fantastici più suggestivi e adatti ad ispirarlo, al posto di un’arida iconografia déjà vue mi è venuto in mente di raccontare dodici storie, non meno intriganti, di esseri che io stesso… avevo incontrato e conosciuto, nei modi, appunto, in cui li avevo osservati da vicino.
E’ così che ho voluto raccontare dodici incontri speciali che, fra le righe, alludessero anche a stati d’animo originali e complessi e contenessero ciascuno indicazioni materiche e cromatiche quali sarebbero occorse a scatenare la già spigliata immaginazione di Alinari. Essi sarebbero serviti anche per sostenere la sua propensione a ibridare materiali preziosi o rari con altri tecnologici e perfino provocatori quanto lo è la scienza (che ne propone continuamente, giorno dopo giorno): fra questi ricorrono, ad esempio, le ardite ceramiche tecnologiche di ossido di zirconio, non meno radiose e stupefacenti degli smeraldi, delle opali o delle acque marine.
Terminati i racconti e avendoli più volte riletti (con l’intenzione di prendere distanza da essi quasi che li avesse scritti qualcun’altro), le vicende un po’ più forti delle altre e perfino inquietanti che avevo riferite, mi ricordavano insistentemente certe immagini disegnate dall’amico Gianni Bolis con l’inchiostro di china: in realtà, Gianni è un artista insolito, incuriosito dal mistero della morte, dagli aspetti luciferini nascosti nella realtà banale, dai miti atavici che sottendono sabba notturni quali Franciso Goya y Lucientes aveva rappresentato sul finire allucinato della sua parabola artistica.
Ho inviato anche a Gianni i miei dodici racconti perché ero sicuro che, in termini davvero diversi da come li avrebbe letti l’orafo artista, egli avrebbe saputo trarne visioni straordinariamente robuste come occorrono oggi, nel momento della storia così sciapo e conformista quale stiamo vivendo.
Da tutte le circostanze che ho appena riferite, è nata l’idea di documentare i lavori intrapresi attorno ai dodici personaggi ipotizzati con una sintetica opera editoriale strutturata in cinque fascicoli.
Il primo di questi dovrebbe raccontare gli essere mitici di cui parlo come, in realtà, ven-
gono tramandati dal mito non senza una succinta iconografia che rinverdisca l’ampio repertorio di immagini che i lettori stessi sicuramente già custodiscono nella loro memoria.
Il secondo dovrebbe accogliere i racconti che ho scritto per indurre l’amico Stefano ad andare ancora più avanti nelle sue ricerche estetiche.
Il terzo volume riporterebbe le immagini dei gioielli-capolavoro di Alinari e gli stessi schizzi che ha tracciato per realizzarli.
Il quarto volume sarebbe dedicato ai dodici disegni in bianco e nero che Giovanni Bolis ha creato coniugando la sua robusta visione di persone e cose con le mie… provocazioni.
L’ultimo fascicolo dovrebbe riguardare, infine, la realtà aziendale della Kéramo di Tavernerio che opera nella esclusiva cerchia tecnologica particolarmente raffinata delle “ceramiche estreme” quali si ottengono dai carburi di silicio, dalle steatiti e dagli ossidi di zirconio altamente sinterizzati. Occorre infatti ricordare e documentare che alcuni di questi materiali sofisticati prodotti da questa azienda sono usati creativamente da Alinari.
Con questa occasione desidero riferire che proprio la Kéramo svolge ricerca sulle applicazioni all’arte dei materiali ipertecnologici che lavora e produce.
prof. arch. Alessandro Ubertazzi
Firenze, 12 aprile 2013